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piccola mappa morale 2001 - On cartooning

Nel lavoro che intendo svolgere con Coconino Press c'è sicuramente quello di difendere un certo tipo di fumetto. Un approccio al fare che superi il semplice e pure nobilissimo (per carità) intrattenimento. Uno come Jack Kirby ha dimostrato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che il fumetto di intrattenimento può essere slegato da formule ripetitive e di basso profilo.
Ora un punto del mio operare in quanto autore e direttore editoriale è segnato dall'idea di storie che parlino di "cose". Questa idea ho cercato di affrontarla anche con Oreste Del buono, sulle pagine di linus. Mi piacerebbe che il fumetto si occupasse di domande grandi, che affrontasse anche temi adulti, con la opportuna complessità. Esattamente come fanno letteratura e cinema, ma anche musica e teatro, per intenderci.
Ovviamente il rischio di essere piatti o pesanti, didascalici o indigesti, è dietro l'angolo. E se mi trovo davanti a questo risultato non poso fare a meno di pensare tra me e me: "pretenzioso". Questo aggettivo significa che non riconosco il successo a una operazione che ha fallito la sua missione principale, che è quella di farsi leggere. Occorre essere sottili, questo va da sé. Ma non posso accettare l'idea che il nostro amato linguaggio sia monco. Condannato a essere concepito in eterno come "una cosa per ragazzini" e basta.
Negli anni settanta Munoz e Sampayo hanno cominciato a raccontare delle storie che avevano una complessità morale. Erano storie a fumetti che ponevano interrogativi, denunciavano situazioni esistenziali al limite dell'accettabile (il concetto di "clandestino", solo per fare un esempio. La malattia, la morte, il degrado).
Franco Battiato all'interno del panorama mesto e piatto della musichetta leggera si pone delle prospettive di questo genere. Si occupa di interrogativi che fanno parte del pensiero filosofico e metafisico in genere dagli albori dell'uomo. Per rimanere in tema musicale, con approccio molto diverso anche De André o lo stesso Paolo Conte raccontano storie e approcci all'esistere degni di questo nome.
Rhomer ha raccontato con leggerezza storie non superficiali e complesse che ha definito "racconti morali".
Ora vorrei essere chiaro: non sono interessato ai mattoni. Né in quanto autore, e meno che meno in quanto direttore editoriale di una lillipuziana casa editrice. Ma cerco di leggere la realtà e credo di avere capito che una delle principali cause della perdita di affezione (che il fumetto ha subito negli ultimi venti anni) è imputata, dalla maggior parte dei lettori, alla mancanza di complessità delle storie raccontate. Questa complessità è prima di tutto una complessità umana. Quella che Gino Cervi, nell'interpretare Maigret sapeva porre tanto bene, tanto per dire. Oggi questa qualità sembra perlopiù latitare. E i lettori si disamorano.
Si creano distanze, si confina il fumetto nella stanza dei giochi. Di quando si era bimbi, qualcosa che finisce col non riguardarci più. (d'altronde del mito della superforza oggi non so che farmene, gli strumenti per decodificare il reale devono necessariamente seguire la mia crescita)
Non parlo di tutti i lettori ma di quella parte di essi che abitualmente frequenta la letteratura non solo di intrattenimento, ascolta cose diverse da Laura Pausini, vede i film di Kusturica o quelli di David Lynch, o Almodovar, Kiarostami, Kaurismaki, solo per fare un esempio.
Ecco, questi sono i pensieri che animano il mio agire "anomalo" a cavallo tra l'idea di autore e quella di direttore editoriale. Una figura che si è imposta da subito nella pratica quotidiana del mio "fare le cose". Sin dai tempi di Valvoline, quando ci si poneva come operatori a trecento sessanta gradi, se possibile. Autori, ma anche grafici, redattori e ideatori di mondi (per dirla con parole grosse).
Esistono alcuni semini che vale la pena riconoscere e su cui vorrei, per un secondo, porre l'attenzione. Sono noti. Ma hanno il mio personale (e sindacabilissimo) plauso alcuni fumetti che mi vengono alla mente in ordine sparso: Maus ovviamente. Ma anche "the playboy" di Chester brown. To the heart of the storm di Eisner (Mi scuserà Plazzi se non ricordo il nome della sua bellissima versione italiana, edizioni Puntozero comunque). C'etatit la guerre de trancee, questa è di Tardi. Una vera pietra miliare del fumetto francese. E poi tanti altri, anche in Giappone, sconosciuti ancora all'occidente. Del fumetto americano oltre al magnifico lavoro di Mazzucchelli, come non ricordare le storie meravigliose dense e potenti di Beto Hernandez?
C'è anche V for vendetta,di Alan Moore, tanto per tornare in Europa. Meglio forse anche di quello che all'epoca appariva come il capolavoro del revisionismo (parlo di Watchmen, naturalmente).
Ecco queste le tracce per una mia personale mappa mentale. Una cosetta da niente in questa fine estate 2001.
Grazie per l'attenzione. A presto.

estate 2001