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Cowboy - Memorabilia

Stanco di viaggiare come una trottola impazzita mi muovo in silenzio nel mio studio-casa. Ho la cuffia e ascolto il buon vecchio Billy che è tornato con un disco rock furioso e visionario. Plastic Jesus è supergettonata, la ascolto a loop. Ho voglia di cullarmi nei miei racconti, di ascoltare la vocina che blatera dentro me. Ricevo decine di mail e sono indietro con la corrispondenza. Devo fare questo e quello. OK, stop, mi dico. Adesso facciamo una cosa alla volta.
Cuffia, musica, matita.
Partiamo.
“Scribble scribble”, come direbbe il buon vecchio Schultz. Disegno e scarabocchio situazioni, entro in zone che mi paiono ancora inseplorate. Ho fifa, perché non è facile rimanere sempre lucidi. Ma procedo, sono uno che disegna da oltre trent’anni, che cazzo.

Fare le cose mantenendo in caldo quel magma che ti sfugge da tutte le parti, si chiama narrazione non canonica. Non c’è solo la sturiell. Si tratta di raccontare anche con commenti, e cose laterali, e parti di documentario, come faceva Fellini. Insuperato in questo.

Io gliel’ho sempre invidiata questa grande magnifica qualità a Federico il grande. Ora mi ci provo in questo libro fantasma che comincia, poco alla volta ad acquisire pelle, carne e sangue. A volte mi pare pure che si muova, per il resto fa ancora paura, come le idee non ancora del tutto incarnate.

Puzzano ancora d’oltretomba.

Sento al telefono il fratellino Gipi, parliamo di quel che facciamo. Mi ha inviato una storia magnifica, che mi ha scosso e gli ho scritto quanto.

E poi mi dice che ha scritto suoi commenti all’esperienza di Lucca e che hanno scritto in tanti.

Si è scatenato un mezzo putiferio, ha dovuto censurare alcuni commenti dei soliti facinorosi. Tutti spavaldi dietro un grande, rassicurante, anonimato prendono il coraggio delle loro opinioni e insultano questo o quello.

Caproni.

Ci sono due generi di scrittori web.
Da una parte i lettori e dall’altra i perditempo. I secondi li lascio stare, non mi interessano troppo quelli che si devono trovare un ruolo a tutti i costi e ciondolano da un blog all’altro. Sarà che io sono sempre in ritardo e che sono pure stronzo con quelli che mi fan perdere tempo.

Per il resto leggo volentieri le lettere piene di senso di molti lettori. E’ anche per loro che esiste il mio lavoro.

Io con il fumetto ci sono cresciuto, non solo con quello, of course, ma con tante belle cosette. Botte a parte, con musica, e pittura e follia di famiglia. Si stava bene se non te la facevi addosso per la paura, ma questa è un’altra storia. Voglio solo dire che a me il fumetto piace di molti tipi, come il cinema e la musica, d’altronde.

Non mi piace il film di natale, e la musica della pausini, che sento al supermercato anche a Parigi. Non li frequento e basta. Non mi interessano, non ho il passaporto per entrare in quelle lande desolate.

Ma Magnus era popolare e una cosa me l’ha insegnata. Ad amare quello che gli americani chiamano cartooning, quel senso anche semplice del narrare. Il semplice ascoltare una voce davanti al camino che dice “c’era una volta”.

C’era una volta va bene, ma poi ci vuole rispetto per il lettore. Se mi riscaldano la minestra cerco di spiegare che mi merito una cosa buona e calda, non una minestrina tiepida. E se insistono rovescio il tavolo. Ora io sono sardo, il che, come ho già detto, fa di me un messicano. Non ho tolleranza per chi, anche se con il sorriso sulle labbra, mi prende per i fondelli.

Ma narrrare è relativamente semplice, basta essere onesti.

Io amo Munoz e Sampayo, ma ho tanto amato Nick Fury e trovo che i montaggi di Steranko siano genio puro.

Ho molto amato il ciclo di Mefisto e di suo figlio (come si chiamava? Yama? ) Le storie con El Morisco. E amo il formato tutto italiano che Bonelli si era inventato, once upon a time.

Amo i nostri neri italiani, con la loro chincaglieria splendidamente semplificata. Magnus, ne parlammo una volta, nel periodo d’oro si faceva qualcosa come quattrocento pagine al mese. Mica balle. Ci vuole molto rispetto per questo genere di tradizioni nostrane e non sarò certamente io ad attaccarle perché sarei il primo a mentire a me stesso.

Detto questo e ora che si spalanchino i portoni e che i tori della creazione scorrazzino per le verdi praterie. Non vedo perché rimanere perennemente legati a un idea adolescenziale della narrazione. Non sono più un adolescente da troppe lune oramai e il mio spirito guida chiede cose da mangiare.
Cerco dunque di sentirmi libero di raccontare le cose che secondo me vale la pensa di affrontare. Vorrei solo avere il tempo di dire e disegnare tutto quel che sento. Credo di avere bei racconti da fare, ricordi, fantasie, idee e disegni si affastellano.
E sento l’energia dei miei fratellini che mi vengono a trovare, e parlano con gli occhi persi nel vuoto e che mi inviano le bozze geniali di storie piene di talento. Io respiro, respiro profondamente e riprendo a scrivere e dire loro che sono felice di conoscerli e viaggiare in queta terra del nuovo racconto con loro. Io penso che stiamo lavorando a una nuova meravigliosa stagione di rinnovamento.
Che nessuno si avvicini con l’intento di chiudere le porte, sono armato e deciso a difendere (con tutto il mio amore) questo nuovo territorio di caccia.

Parigi, autunno freddo.