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Il gatto - Memorabilia
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Vittorio De Seta, regista ricomparso

Se deve essere Martin Scorsese a farci capire che i documentari di De Seta sono un patrimonio da custodire (ne ha acquistato i diritti e li ha proiettati al Tribeca film festival, in America) vuol dire che qualcosa di strano deve pure esserci in questa nostra “cultura” italiana.
Spesso, nell’elaborare la Napoli di “5 è il numero perfetto”, mi imbattevo nella difficoltà data dall’assenza di uno sguardo grafico sull’Italia. Mi trovavo e osservare foto e cartelli pubblicitari per ricostruire una immagine più o meno mitica più o meno ironica dell’italietta di un tempo.

I nostri autori ed editori ci hanno abituati a migliaia di pagine disegnate su pseudo giungle, pseudo praterie o pseudo metropoli. Spazi, per conformazione e spirito, molto distanti da quelli che normalmente abitiamo. Il nostro sguardo si adegua alla svelta e la cultura dell’immagine che sembra divenuto il nostro patrimonio attuale è una cultura di immagine soprattutto televisiva.

Se è vero che l’Italia detiene il 60% del patrimonio artistico mondiale io non ne trovo traccia in quasi nessun lavoro fumettistico, cinematografico, letterario, o narrativo in genere.

Abbiamo perso per strada qualcosa?

Mi incuriosice che sia Martin Scorsese la memoria critica dell’Italia. Lui, che per sua stessa ammissione è non-italiano, non-americano, ma al confine tra due mondi che un tempo forse si parlavano.

Assorto in queste riflessioni a sera mi porto a cena in compagnia di due amici architetti: direzione Rue de Lappe, il mio quartier generale dodici anni fa. Chiacchieriamo di come si sceglie un libro da pubblicare e cosa ti parla quando vedi un nuovo lavoro.

Poi, rinfrancato da questi pensamenti illustri, conduco i miei amici alla sede distaccata della igort pictures che prende nome di Sister May (25, rue de Lappe) ove beviamo “moito” e “white russian” (il miglior “white russian” di Bastille recita la mia pubblicità mentale). Qui a Parigi, pascolando una sera con Baru, ho perfino trovato chi mette nel white russian la panna spray per dolci; per cui non sai più se hai ordinato un coctail o un gelato.

Ovviamente il barman è stato fucilato sul posto ma il ricordo di questo bicchiere traboccante panna da bomboletta continua ad affliggermi.

Sospensione.

Il giorno seguente qualcuno ha sostituito la mia testa con un armadio a due ante. La cosa strana è che pulsa pure. Mi alzo e vedo con disgusto che qualcuno (la stessa persona?) ha sostituito pure il sole con nuvole. Guardo in basso: il vento sferza i nespoli sotto casa.

Wooo wooo e siamo tornati in autunno (saltando a pié pari primavera e estate, una vera ingiustizia.)

I lavori, persino le e-mail, si accumulano nonostante io faccia il bravo bambino e tutti i giorni smaltisca una parte dei compiti e risponda a questo o quello, legga questo o quel progetto, scriva disegni, parli al telefono e via dicendo.

Ore 7, dalla mia radio sveglia la BBC urla le sue notize. Queste si infilano nella mia psiche addormentata e vengono decodificate dall’idioma di Albione a mia insaputa. Dicono più o meno così: “un archeologo ha scovato in egitto una mummia e un sarcofago di indicibile bellezza.” Ecco la voce dell’archeologo in questione. Ha la faccia incartapecorita (non si vede perché è la radio ma la mia psiche ci vede benissimo, nel buio del mio cranio assopito, e mi riporta questa mummia di archeologo che parla di una mummia che ha scovato). “la più bella cosa che abbia visto nella mia vita” dice esattamente mummia A parlando di mummia B.

E io penso, lì per lì, che BBC mi stia propinando un nuovo inedito capitolo di indiana Jones, tanto spesso loro si divertono a fare delle narrazioni radiofoniche.

Invece poi, mentre verticale mi osservo allo specchio cercando di ridimensionare l’armadio per restituirgli la forma della mia testa, scopro che è vero. “Nuovo reperto archeologico di notevole bellezza”. Conferma il Giornale-Radio-Rai (captato grazie a una antenna parabolica e a un satellite hotbird che svolazza nello spazio per noi emigranti).

Morire- questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare il gatto
in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.
S sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.
Qualcosa qui non comincia
alla sua solita ora.
Qualcosa qui non accade
come dovrebbe.
Qui c'era qualcuno, c'era,
e poi d'un tratto è scomparso,
e si ostina a non esserci.
In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Cos'altro si può fare.
Aspettare e dormire.
Che provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora
che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro
come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all'inizio niente salti né squittii.

Questa poesia (il gatto nell’appartamento vuoto) è della signora WislawaSzymborska, premio nobel nel 1996 e mia istitutrice mentale. Mi insegna leggerezza e sorriso. I suoi libri sono pubblicati anche in italiano. Andate a cercarli. Lo spirito vi sarà grato.

Igort. Parigi, 5 maggio 2005. Ore 18,14. (luce)